L’ACCUSA DA BELLUNO: “Quel voto contrario è un atto immorale”

L’ACCUSA DA BELLUNO:
“Quel voto contrario è un atto immorale”

Partecipato incontro organizzato dalla Consulta di Bioetica. Il monito ai consiglieri regionali : “Scelta di oppressione”.

«Non è morale che il legislato­re voti contro su temi come il fi­ne vita: si può essere contrari ma non si può impedire ad al­tri di decidere sulla propria vi­ta. E un atto dittatoriale, di op­pressione del cittadino, un tempo si sarebbe detto fasci­sta». Mario Riccio non le man­da a dire su quanto accaduto in Consiglio Regionale lo scor­so martedì, ed incalza «il voto contro non cambia di certo le cose, non cambia la sentenza della Corte Costituzionale del 2019, ma non si può pensare ancora di decidere sull’autode­terminazione degli altri. Ora, con l’Associazione Luca Co­scioni, ci riproveremo in Lom­bardia».

Considerato il polverone po­litico di questi giorni, il conve­gno “La buona morte oggi”, or­ganizzato a Belluno dalla Con­sulta di Bioetica, si è rivelato di assoluta attualità. In una sala Bianchi gremita sono interve­nuti Mario Riccio, il medico anestesista che aiutò a morire Piergiorgio Welby, il filosofo Maurizio Mori, presidente Consulta Bioetica, già docente di Bioetica a Torino, e il medi­co legale Mariella Immacolato del Comitato etico Toscana.

L’incontro ha declinato il te­ ma delfine vita dal punto di vi­sta filosofico, giuridico e clini­co, per poi proseguire con un partecipato dibattito che non ha potuto evitare l’attualità politica. Una serata non solo dedi­cata al confronto ma anzitutto informativa, in particolare sul­ le Dat e il fine-vita.

Il titolo “La buona morte” è solo in apparenza ossimorico, in quanto vuole indicare come in alcuni casi la morte sia dram­maticamente buona, perché preferibile alla vita. Per Mori infatti «esistono situazioni in­fernali, in cui si sta male senza speranza di tornare a stare be­ne e l’accanimento terapeuti­co è una forma di tortura. Il progresso della civiltà ci ha portato al principio dell’auto­determinazione sulla nostra vi­ta, come al diritto di voto, fac­ciamolo valere». E, a proposito di voto, «quello dell’altro gior­no a Ferro Fini è un grosso dan­no allo sviluppo civile. C’è chi crede ancora al Sacro Romano Impero». Infine, conclude il fi­losofo, «ricordiamoci che il co­dice internazionale di etica me­dica, approvato dal World Me­dical Association, dice che il dovere primo del medico è la tutela della salute e del ben vi­vere. Bisogna lavorare sul pia­no culturale: leggi e codici deontologici sono importanti ma non bastano».

Su questa linea anche Imma­colato, che ricorda la Costitu­zione, cioè che «vivere è un di­ritto e non un dovere». L’inter­vento del medico legale si è in­centrato sulla storia della giuri­sdizione italiana su eutanasia e morte assistita, nonché sull’e­voluzione del codice deontologico dei medici, che va ulterior­mente aggiornato. Inoltre, Im­macolato ha riportato l’espe­rienza di un caso di suicidio medicalmente assistito in To­scana, tra i primi in Italia, in cui è stato proceduralizzato ed applicato quanto non è invece passato in Veneto. Mario Ric­cio racconta le vicende Welby, Englaro, Piludu e Fabo per poi focalizzarsi sul presente e sul ritardo della politica rispetto alla società civile «in verità è solo una minoranza delle perso­ne ad essere contraria».

Poi  l’appello  ai  medici, «quando il paziente si trova in condizioni infernali e chiede di morire, è un dovere morale del medico portarlo alla morte». E sul voto contrario del consiglio regionale: «liberia­moci da un equivoco: il legisla­tore doveva solo dare un per­corso certo e sicuro a qualcosa che è già previsto per legge. La­sciamo stare la politica, per­ché la questione è invece mora­le: votare contro significa vo­ler impedire ad altri di esercita­re un diritto civile. Non mollia­mo e portiamo la proposta di legge in Lombardia».

Corriere delle Alpi – 20 gennaio 2024